LE IMPLICAZIONI DELLE DISTANZE

Studio sui possibili significati e le implicazioni delle “distanze”
tra luoghi e contesti dell’arte.

A cura di: Antonio Zimarino
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Capitolo 2 (II parte)

Disorientamenti nel contemporaneo, ricerche e novità.

Nelle esperienze dell’arte contemporanea esistono illimitate possibilità d’espressione linguistica e il senso verso cui una ricerca intende muoversi non è più dato da poetiche ideologiche eterodirette, poiché non esiste più norma o regola che possa pretendere di rappresentare in modo univoco la “contemporaneità” (10). Gli artisti hanno una completa autonomia nelle proprie scelte culturali riguardo l’interpretazione e appartenenza ad un contesto e restano sostanzialmente più soli con la propria coscienza di fronte alle scelte e alla cultura. Fondamentalmente sta a loro pensare come e dove dirigersi, cosa e perché operare, cioè, sono chiamati a scegliere individualmente la loro etica, i loro modi e il loro spazio d’azione. Non esistono quindi dei punti certi di aggregazione ideologica e questa crisi dei “pensieri forti” offre la possibilità di trasmigrare continuamente in molti aspetti e in molte possibilità di espressione. Se la realtà è individualizzata e soggettiva, non può esistere un modo univoco di rappresentarla od esperirla: tutti i linguaggi espressivi sviluppati storicamente possono essere attraversati, tutti i materiali possono essere utilizzati, tutti i gesti possono significare.

La postmodernità (11) ha dunque portato a possibilità di “attraversamenti” di spazi, luoghi, tempi, tecniche e tematiche. La perdita di riferimenti interpretativi generali è talvolta vissuta come crisi di identità o crisi di senso (12), alla quale si reagisce in modi diversi: si gioca ironicamente sulle forme senza certi orizzonti (se non quello della celebrazione della transitorietà); ci si adegua con più o meno entusiasmo e a volte con amarezza alla logica nullificante del “consumo” e ai suoi materiali (13). Ci sono anche ricerche che indagano le forme proprie della comunicazione e della società contemporanea (video, elettronica, audio, rifiuti, materiali di scarto, plastiche) ri – semantizzandole, anche soltanto presentandole nella loro brutale evidenza o talvolta spiritualizzandole con il gesto creativo. Si possono indagare e percorrere anche le tradizioni espressive più o meno recenti della storia dell’arte esprimendo nei linguaggi già storicizzati le proprie considerazioni e le proprie visioni del presente. La logica della combinazione, della contaminazione e dell’attraversamento, è forse la modalità più evidente del “ricercare contemporaneo” e non si avverte più l’obbligo di una coerenza con certi modi espressivi. Il problema della “coerenza” in arte oggi, non è certamente nell’ordine linguistico espressivo, ma appunto nell’ordine dell’etica personale: l’artista assume uno “stile” in quanto esso coincide coerentemente con il proprio modo di esperire e restituire le esperienze dell’essere – nel – mondo. Anche il non – stile, in altre parole la trasversalità, la contaminazione totale e continua, l’apertura all’indefinizione, sono modi di esprimere una propria etica, al momento in cui li si ritiene rispondenti alla propria concezione ed esperienza dell’esistenza. La ricerca artistica del presente si manifesta in una fondamentale “de – formalizzazione” dell’opera tradizionalmente intesa, operazione già iniziata dalla pratica della “performance”, dell’installazione, della “land art” e che sfocia al suo estremo in quella che M. Costa definisce come “estetica della comunicazione” (14) cioè su un’attività d’arte che presuppone la centralità dell’evento mediatico e della sua struttura, rispetto all’opera come oggetto in uno spazio.

In questa complessa situazione credo che eventuali novità in arte si possano individuare in quelle scelte etiche e poetiche che utilizzano strumenti espressivi (tecniche, materiali, strategie combinatorie) che siano sostanziale espressione di una visione e di un atteggiamento esistenziale, che riescano a dare visibilità ad interrogativi culturali e umani, che in qualche modo possono rappresentare quelli di una più o meno consistente collettività di riferimento. Si tratta cioè di spostare tendenzialmente, l’interesse dal “mezzo”, all’analisi del senso possibile verificando se e come esso aiuti a comprendere e a comprendersi. Credo quindi che una categoria veramente “nuova” della ricerca artistica, possa essere vista soprattutto nei tentativi di ricondurre le problematiche esistenziali o formali che si agitano all’interno del processo creativo, alla loro radice, alla loro essenzialità. E’ però necessario che questi tentativi non evitino di confrontarsi con il disorientamento della contemporaneità, ma che lo accettino come primaria condizione di partenza per ricercare “eticamente” di ricostruire i riferimenti almeno di un proprio universo individuale.

Per onestà intellettuale di chi opera nel campo della critica, la ricerca del senso dell’attività artistica contemporaneità va comunque perseguito attraverso una riflessione intelligente e completa del “ciò che si fa”. L’analisi non può basarsi su posizioni “ideologiche” e tantomeno sulle convenzionalità, le evidenze e le ripetizioni poste in atto dai media specializzati. Va invece indagato ciò che l’artista realizza, negli aspetti formali e nel piano contenutistico che dichiara o che è ricostruibile con una osservazione attenta e sincronica dei fenomeni macro e microscopici della nostra cultura. Solo con una rinnovata etica metodologica credo sia possibile provare a cogliere delle linee e degli atteggiamenti comuni che danno le “direzioni di senso” prevalenti della ricerca contemporanea (intese come necessità e urgenze espressive ed esistenziali)(15).

Aprendo lo sguardo sulle realtà ritenute marginali, rispetto alla cultura ufficiale dei “centri” mediatici, è facile accorgersi dei tentativi decisi di collocarsi in aree “di senso”: non si insiste tanto su un’arte (per altro ben conosciuta) che ribadisce il “disorientamento”, perché è questa è la proposta indicata costantemente dai “centri” ovvero dagli “enunciatori”. Nelle personalità più mature, aperte all’analisi e alla discussione, le proposte artistiche vengono elaborate mantenendo una ricercata marginalità rispetto al flusso ininterrotto delle informazioni che attraversano e pervengono continuamente dai “centri”, preoccupati spesso più della propria “visibilità” che della sostanza delle proposte.

Da queste considerazioni prendono forma due “polarità” necessariamente dialettiche che agiscono nella ricerca artistica e distinguono centri e periferie: una, spinta alla dispersione e l’altra opposta, alla ricerca del senso. La prima appare propria di una cultura “centrale” e dominante attraverso i “media”, dove primaria condizione è il flusso incessante e disorganico delle informazioni; la ricerca di senso appare invece tipica della “marginalità”, dove i tempi rallentano e le problematiche individuali sono meno virtuali. Non c’è un meglio o un peggio ma sono le condizioni entro cui affannosamente cerchiamo di condurre il nostro vivere.


(10) …ma come vedremo, esistono molti modi di dirigere e orientare scelte espressive e tendenze, soprattutto attraverso i sistemi della comunicazione di massa.

(11) Sulle tematiche dell’arte nella postmodernità, si vedano per indicazioni essenziali: R. BARILLI, Il ciclo del postmoderno. La ricerca artistica degli anni ’80, Feltrinelli, Milano, 1987; A. BONITO OLIVA, Il sogno dell’arte tra avanguardia e transavanguardia, Spirali/Vel, Milano, 1990; Idem , L’arte fino al 2000, Sansoni, Firenze, 1991. M. GANERI, Postmodernismo, Editrice Bibliografica, Milano,1998;. F. CARMAGNOLA, Parentesi perdute. Crisi della forma e ricerca del senso nell’arte contemporanea, Guerini e Associati, Milano, 1998.

(12) Per un approfondimento di queste tematiche Cfr. CARMAGNOLA, Parentesi perdute … 1998, pp.11 – 17.

(13) G. MARZIANI, Melting Pop Combinazione tra l’arte visiva e gli altri linguaggi relativi, Castelvecchi, Roma, 2001.

(14) M. COSTA, L’estetica della comunicazione, Castelvecchi, Roma, 1999 in part. P. 9; 17 – 19; 32 – 35. Recenti ricerche dell’Università di Salerno hanno espresso canoni e “manifesto” di una “estetica della comunicazione”, cioè del sistema dei valori estetici propri della comunicazione mediatica nei quali il “messaggio artistico” tradizionale diviene assolutamente secondario tanto rispetto al medium che lo genera che al “sistema di scambio” in cui circola.

(15) Un opera d’arte risulta (…) una manifestazione personalizzata di pensiero realizzata in termini insurrogabili di linguaggio visivo. Di una dimensione di pensiero che nella propria compiuta consistenza si manifesta (…) soltanto attraverso quella determinata configurazione di costrutto linguistico – visivo. (…) L’opera d’arte contiene (…) una visione del mondo e dunque anzitutto, un giudizio su questo, in senso ontologico, e tuttavia poi nello specifico spazio-temporale anche un giudizio sulla società, in senso dunque sociologico.” E. CRISPOLTI, Come studiare l’arte contemporanea, cit. pp. 22 – 24. Sul problema del “senso” dell’attività artistica contemporanea, si veda anche CARMAGNOLA, Parentesi perdute, 1998, pp.90 – 94; 94 – 96-


Theorèin - Ottobre 2005